All’ombra di Napoli, lontana dagli sfarzi della Costiera amalfitana, dalle sciccose isole del Golfo e dalla grandiosa Reggia di Caserta. Benevento è certamente fuori rotta, ma conserva un patrimonio storico e artistico importante che vale la pena scoprire. Sono stati i Sanniti, i Romani e i Longobardi a rendere Benevento quella che è, nell’impianto urbano e nel carattere, deciso e fiero. Il centro storico è compatto, ordinato e racchiude i più importanti tesori della città. È forse proprio questo suo essere così defilata, schiva e discreta, che per raggiungerla bisogna inoltrarsi nell’entroterra campano, attraversare l’Irpinia e suoi monti, a renderla seducente. Se poi ci aggiungiamo misteri e leggende di streghe che hanno a che fare con questa città e che hanno ispirato un liquore e un premio letterario “da paura” allora stiamo certi: Benevento ammalia.

Liquore e Spazio Strega

Voli su scope, riti blasfemi, pozioni, incantesimi e intrugli. Tutto questo succedeva secoli fa a Benevento, sotto il grande noce sulle rive del fiume Sabato. Erano i Sabba delle streghe beneventane: Janare, Zoccolare e Manolonghe. Ed è proprio da questa leggenda che nasce lo Strega, il liquore giallo di Benevento. La ricetta è segretissima, ma si può dire che sia fatto di ingredienti naturali, di circa 70 erbe e spezie importate da tutto il mondo tra cui la cannella di Ceylon, l’Iride Fiorentino, il ginepro dell’Appennino italiano, la menta del Sannio e lo zafferano. A inventarlo, nel 1860, Giuseppe Alberti, che dopo solo un anno apre lo stabilimento industriale vicino alla stazione ferroviaria di Benevento, area strategica per il commercio. Ci vuole poco perché il prodotto conquisti il pubblico e il suo successo scavalchi il perimetro nazionale. Nel ‘900 i manifesti pubblicitari portano le firme di Dudovich e Depero e l’inconfondibile bottiglia gialla fa da comparsa al cinema, in Kitty Foyle (di Sam Wood, 1940) e Ossessione (di Luchino Visconti, 1943). Oggi lo Strega non conosce confini. L’azienda è ormai in mano alla sesta generazione della famiglia Alberti, che continua a produrre il liquore secondo l’antica ricetta, ma con processi di lavorazione al passo con il progresso tecnologico, e a diffonderlo in 50 Paesi. La storia del liquore e del brand è racchiusa tutta nello Spazio Strega, allestito proprio all’interno della fabbrica. Un interessante percorso di visita durante cui lasciarsi inebriare dai sensi, scoprire i metodi produttivi del liquore e la collezione di 400 bottiglie contraffatte. E poi c’è la sala dedicata al Premio Strega, prestigioso premio letterario voluto e istituito da Guido Alberti e Maria Bellonci nel 1947: un salotto che tiene sempre viva la cultura nel nostro Paese, grazie alle scritture di grandi autori italiani. La manifestazione si svolge nella splendida location romana di Villa Giulia, villa suburbana manierista voluta da papa Giulio III ed edificata nel 1551-55 su progetto di Giorgio Vasari, Bartolomeo Ammannati e del Vignola, è oggi sede del Museo Nazionale Etrusco. Ennio Flaiano, Elsa Morante, Umberto Eco, Alberto Moravia, Sandro Veronesi, Margaret Mazzantini sono tutti passati di qui e saliti sul gradino più alto del podio. Nella sala del museo si susseguono le copertine dei libri vincitori del premio e fa bella mostra di sé la mitica lavagna segnapunti.

Cosa vedere a Benevento

È da corso Garibaldi che bisogna partire: una sfilata di eleganti palazzi sette-ottocenteschi, caffè e negozi, beneventani a zonzo, poi la chiesa di S. Bartolomeo con le spoglie del santo patrono e piazza Matteotti, uno degli angoli più incantevoli della città, con la torre campanaria e la chiesa di S. Sofia. E poi il Duomo, un luogo dove stregoneria e spiritualità si incontrano. Eretto nel VII secolo, più volte rimaneggiato e ricostruito dopo i bombardamenti del 1943, ne sono sopravvissuti la facciata, con frammenti romani e bizantini, la cripta e il campanile con il bassorilievo del cinghiale Caledonio, icona della città. Poi c’è la porta in bronzo, con pannelli che illustrano la vita di Gesù. L’interno è più spoglio, freddo, ma la cripta ha un bellissimo affresco che illustra la conversione dei Longobardi al cristianesimo: fu san Barbato a distruggere l’indagato noce dal quale uscì la vipera simbolo del demonio e sotto cui si riunivano le streghe di Benevento. Ma in città ci sono anche l’Hortus Conclusus, una originale esposizione d’arte all’aperto, l’Arco di Traiano, eretto nel 114 d.C. in pietra calcarea e marmo, ha sculture e rilievi che rievocano la vita dell’Imperatore. E ancora il Teatro romano, inaugurato da Adriano nel 126 d.C. e completato da Caracalla nel 200 d.C.

Last but not least, il Museo del Sannio, che nella sala Gianni Vergineo ospita permanentemente il ciclo di opere “Le streghe di Benevento e il Gobbo di Peretola” donate al museo proprio da Strega Alberti e visibili in copia anche allo Spazio Strega. Le tele raffigurano la leggenda del gobbo di Peretola. La storia narra di un uomo informe che si era smarrito di notte ritrovandosi di punto in bianco al noce di Benevento, sotto il quale le streghe stavano ballando. Una delle megere gli chiese di unirsi alle loro danze e il gobbo accettò di buon grado, ballando con tanta grazia e destrezza che le fattucchiere lo ripagarono segandogli, senza provocargli dolore, la gobba. Un suo vicino, affetto anch’egli da gibbosità, vedendolo tornare a Peretola bello e dritto, decise allora di emulare l’avventura e con il cuore colmo di speranza e invidia si recò al raduno delle streghe. Tuttavia il gobbo si rivolse alle versiere in modo così villano che gli fu attaccata sul petto la gobba del suo vicino.

Articolo redatto in collaborazione con

Condividi con