Museo Teatrale alla Scala: un tributo al Teatro lirico milanese e una testimonianza del forte legame della città con le arti performative

 

Oggi, a Milano, è soprattutto il nuovo che attrae. Dal recente skyline che City Life e Porta Nuova hanno delineato, alla riqualificazione di quartieri popolari dove muri scrostati sono diventati tele per pittori di strada di una certa fama e in cui si sono insediati locali e ristoranti che sono vere e proprie chicche, centri di aggregazione o laboratori fucine di idee, musei e fondazioni. Fino alle lande desolate trasformate in aree verdi e pedonali. Dal centro alla periferia è un continuo proliferare di nuove costruzioni, edifici residenziali oppure no, che vengono su come funghi, cantieri sempre aperti e umarèll a osservarli.

Eppure questa evoluzione è stata preceduta dalla lunga storia di una città che ha vissuto più di un Rinascimento. Una città in cui la creatività è stata probabilmente una delle leve per risorgere dalle ceneri.

A due passi dal monumento più rappresentativo di Milano, il Duomo, dall’elegante Galleria Vittorio Emanuele, dal lusso di via Montenapoleone e via della Spiga, c’è uno dei luoghi simbolo dell’arte milanese, che dimostra come la città sia stata capace di rialzarsi dopo ogni caduta: il Teatro alla Scala. Il teatro lirico più prestigioso d’Italia e forse d’Europa. Verdi vi esordì nel 1839 e oggi sono artisti internazionali di maggior fama a calcarne le scene.

Dopo l’incendio che nel febbraio del 1776 distrusse il Teatro Regio Ducale, Milano rimase senza un teatro d’opera. L’imperatrice Maria Teresa d’Austria incaricò quindi l’architetto Giuseppe Piermarini di progettarne un altro, sul luogo della fatiscente chiesa di S. Maria della Scala. Solo due anni dopo nasceva così il Teatro Grande alla Scala. Tecnicamente all’avanguardia per i tempi, il nuovo teatro innalzò immediatamente la città ai vertici della cultura europea. Vi si tennero le prime assolute di opere come La gazza ladra, di Rossini, la Norma di Bellini, l’Otello di Verdi, la Madama Butterfly e la Turandot di Puccini.

Pesantemente danneggiato dai bombardamenti alleati della Royal Air Force nell’agosto del 1943, il Teatro fu ricostruito meticolosamente e l’11 maggio 1946 riaprì, in tutto il suo splendore, con un memorabile concerto diretto da Arturo Toscanini. La veste attuale è il risultato dell’intervento di restauro e modernizzazione di Mario Botta avvenuto fra il 2002 e il 2004.

La gloria della Scala si cela dietro un aspetto sobrio. Come a voler incarnare una certa predilezione per l’understatement milanese. È all’interno, magnifico, che va in scena il suo splendore: la sala in legno a quattro ordini di palchi e due gallerie precede un palcoscenico fra i maggiori in Italia e vanta un’acustica straordinaria.

Bacchette agitate a mezz’aria, corde pizzicate dagli agili movimenti delle dita di arpisti, oppure accarezzate dagli archetti dei violinisti, fiati potenti e resistenti. Soprani e tenori. Volti accartocciati in una smorfia di dolore o distesi nel sollievo. Muscoli allungati in un’arabesque, la grazia di un grand jeté e di un plié. Assistere a uno spettacolo alla Scala, tempio milanese dell’opera e del balletto, avvolti da un’eleganza senza tempo, è un’esperienza che difficilmente si dimentica.

Come non si può dimenticare il suo grandioso passato, racchiuso nel Museo Teatrale alla Scala.

 

Il Museo Teatrale alla Scala

450.000 lire era la richiesta dell’antiquario Jules Sambon per l’acquisto all’asta della sua prestigiosa collezione di oggetti legati al mondo del teatro. Una raccolta che faceva gola a un piccolo gruppo di appassionati, alcuni tra gli uomini più noti di Milano, tra cui il librettista e compositore Arrigo Boito, l’artista Lodovico Pogliaghi e il direttore della Pinacoteca di Brera Ettore Modigliani, intenzionati ad aprire un museo alla Scala. Per raggiungere la cifra, forti della reputazione del teatro, ottennero aiuti dallo Stato e da 50 privati e facoltosi cittadini. Poco meno di due anni dopo, nella sede dell’ex Casino Ricordi, apre il Museo Teatrale alla Scala.

 

Si ammirano quadri e strumenti d’epoca provenienti dalla collezione Sambon, una spinetta del ‘600 realizzata a Napoli da Honofrio Guaracino, il dipinto di Evaristo Baschenis, Strumenti Musicali, elegante natura morta a tema musicale. E ancora il pianoforte “gran coda” Steinway appartenuto a Franz Liszt. Attraverso le opere dell’incisore Jacques Callot, tra cui ceramiche e porcellane raffiguranti Arlecchino e altre celebri maschere, si rivivono le atmosfere grottesche e irriverenti della commedia dell’arte. Vi sono i dipinti raffiguranti le prime donne della stagione ottocentesca della Scala: Giuditta Pasta, Isabella Colbran, Maria Malibran e quelli di Rossini, Bellini, Donizetti. Lo stretto rapporto tra Giuseppe Verdi e la Scala è testimoniato dai tanti ritratti del compositore. Vi sono poi i protagonisti del teatro tra ‘800 e ‘900: Arturo Toscanini, Eleonora Duse e Giacomo Puccini, per giungere infine a Maria Callas.

Il museo ospita anche una biblioteca con oltre 150.000 volumi e trenta manoscritti di opere complete (fra cui la Messa da Requiem di Verdi e il Tancredi di Rossini), oltre che fogli sparsi di artisti come Beethoven e Mozart.

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