Antesignano dell’advertising attuale, che oggi si esprime in tv, nel web, nell’email-marketing, nei social media, il manifesto è stato il primo canale di comunicazione diretto alla massa. Attraverso il manifesto, da sempre uno strumento di grande impatto visivo che colora i muri delle città, si faceva, e si fa tuttora, informazione di ogni genere: religiosa, politica, pubblicitaria. Uno dei padri del manifesto pubblicitario è Jules Chéret, il primo a utilizzare la litografia a colori per la stampa di locandine per teatri, locali notturni e sale da concerto. Il primo a dare maggiore risalto alla parte figurativa e a lasciare il testo in secondo piano. Il primo a ritrarre figure femminili, le Chérettes. Lo slancio alla diffusione del manifesto pubblicitario è dato però dalla rivoluzione industriale, quando ha inizio lo scambio virtuoso tra arti visive ed editoria.

In Italia, alla fine dell’Ottocento, Leopoldo Metlicovitz e Marcello Dudovich, Leonetto Cappiello e il tedesco Adolf Hohenstein firmano manifesti in stile pittorico. È seguendo le orme della modernizzazione, della produzione industriale e dello sviluppo del consumismo che vengono pubblicizzati auto, abiti, liquori, destinazioni turistiche, alberghi, assicurazioni. Negli anni ‘30 entra in gioco l’influenza delle avanguardie, mentre nel Dopoguerra, con il boom economico, il manifesto è il risultato del lavoro delle agenzie creative, come quelle di Armando Testa ed Ernesto Carboni.

Oggi il manifesto è un manufatto prezioso e raro. D’altronde ne veniva fatto un utilizzo a breve termine: se ne stampavano poche centinaia di copie da affiggere ai muri delle città, poi quando non servivano più, venivano strappate e buttate. Le copie che rimanevano erano nelle mani dello stampatore o dell’artista che lo aveva realizzato. Tuttavia, a Milano ci sono due luoghi importanti che testimoniano come l’affiche fosse il canale preferenziale per la pubblicità di settori industriali molto distanti tra loro. Fondazione Mansutti e Collezione Branca questi manifesti li hanno raccolti e conservati, per valorizzare e diffondere una storia che unisce arte, costume e società, e pubblicità italiani.

Fondazione Mansutti

Nel centro storico di Milano, a due passi da Duomo, da palazzo Reale, dal Museo del Novecento, dalla cripta di San Giovanni in Conca (luogo Aperti per Voi del Touring Club Italiano), c’è anche la Fondazione Mansutti.

Francesco Mansutti, avvocato e proprietario della società di brokeraggio assicurativo Mansutti Spa, fondata dal padre nel 1925, ha iniziato fin da ragazzino a collezionare libri sulla storia delle assicurazioni. Quando era ancora un liceale, li scovava ingialliti e impolverati sulle bancarelle della città, li comprava e li metteva da parte. Nel tempo si è costruito una biblioteca. 6000 volumi, alcuni antichissimi, del XV e del XVI secolo, oggi sono custoditi presso la Fondazione che porta il suo nome, istituita nel 2004. Insieme ai libri, però, in via Rugabella, ci sono anche 2700 polizze originali. Alcune davvero curiose. Come quella stipulata a Calcutta nel 1780 da mercanti inglesi che assicurava dieci carichi di oppio o quella di Marilyn Monroe del 1962 con la Travelers di Los Angeles. 200 azioni di compagnie assicurative dell’Ottocento e del Novecento, in gran parte con splendide incisioni. 800 targhe-incendio donate alla Fondazione tra il 2008 e il 2013 da un collezionista fiorentino. Infine, gli oltre 450 manifesti che raccontano in modo più inconsueto lo sviluppo del settore assicurativo. Arrivano da ogni parte del mondo (Italia, Francia, Svizzera, Olanda, Cina, Stati Uniti, Canada e Russia) e portano le grandi firme di Achille Beltrame, Umberto Boccioni, Erberto Carboni, Marcello Dudovich e Leopoldo Metlicovitz.

Alcuni manifesti:

Cassa mutua cooperativa italiana per le pensioni di Torino
Autore: Adolf Hohenstein
Stampa: Torino, Doyen, 1901
Dimensioni: 140×200 cm

Compagnia italiana CONCORDIA di Milano
Autore: Leopoldo Metlicovitz
Stampa: Milano, Officine Ricordi, 1910 circa
Dimensioni: 100×142 cm

Compagnia svizzera HELVETIA di Zurigo
Autore: Umberto Boccioni
Stampa: Milano, Officine Chiattone, 1914 circa
Dimensioni: 34×48 cm

Compagnia italiana LA CREMONESE di Cremona
Autore: Erberto Carboni
Stampa: Parma, S.A.F. Zafferi, 1924
Dimensioni: 79×95 cm

Compagnia Italiana Riunione Adriatica di Sicurtà di Trieste
Autore: Marcello Dudovich
Stampa: Milano, Star-Igap, 1934
Dimensioni: 60×100 cm

Compagnia italiana L’Assicuratrice italiana di Roma
Autore: Federico Seneca
Stampa: Milano, Ripalta, 1935 ca.
Dimensioni: 46×67 cm

Compagnia italiana La Fenice di Venezia
Autore: Anselmo Ballester
Stampa: Milano, N. Moneta, 1941
Dimensioni: 100×139 cm

Compagnia italiana F.A.T.A. Fondo Assicurativo tra Agricoltori di Roma
Autore: Adolfo Busi
Stampa: Milano, Officine Ricordi, 1955
Dimensioni: 70×100 cm

Collezione Branca

Vicinissimo all’Isola, il quartiere popolare di Milano fino a una decina di anni fa un po’ trascurato e che oggi rappresenta la città nuova. Quella zona divenuta super turistica che ha modificato per sempre lo skyline milanese. Prima dell’ingresso nel cuore del quartiere, tra le due circonvallazioni nord, si staglia su un intero isolato un edificio che conserva tutta la sobria eleganza dell’architettura novecentesca e un’atmosfera d’antan. È la fabbrica della casa liquoristica Fernet Branca, in cui si colloca altresì la Collezione Branca, uno spazio aperto ai curiosi e da cui traggono conoscenza e ispirazione gli studenti di storia dell’industrializzazione, marketing o graphic design. Sì, perché in esposizione si trovano macchinari, alambicchi, bottiglie storiche, fotografie, documenti. Ma anche calendari e manifesti pubblicitari. L’azienda, nata 175 anni fa dalle brillanti e intuitive menti di Bernardino Branca e del medico svedese Fernet, ha saputo trasmettere la sua brand identity in maniera informale ma curata interpretando, attraverso le epoche e i loro costumi, i gusti del consumatore ed entrando nell’immaginario collettivo grazie all’utilizzo del manifesto come veicolo di comunicazione. Frutto della creatività di grandi nomi come Metlicovitz, Cappiello, Jean d’Ylen, Mauzan, Codognato, i calendari e i manifesti promozionali di Fernet-Branca sono la testimonianza della grande importanza che il brand dà all’immagine, da secoli. Per esempio, Metilcovitz ha firmato il disegno dell’aquila che sorvola il nostro pianeta con la bottiglia di Fernet tra gli artigli. Un’immagine che diventerà, nel 1905, logo aziendale.

L’impresa è poi strettamente legata alla storia dell’architettura di Milano. È il caso della Torre Branca, nel cuore del Parco Sempione. Il primo vero esemplare della città che sale. Disegnata da Gio Ponti, fu costruita in poco più di due mesi nel 1933, in occasione della V Triennale. Si chiamava Torre Littoria e veniva utilizzata come faro e aveva, sulla sommità, un bar. Diventò inagibile e fuori uso nel ‘72. È nel 1985 che la Fratelli Branca contribuisce in toto al restauro della torre, guadagnandosi l’omaggio del nome di questo capolavoro d’architettura.

Alcuni manifesti:

Italia Turrita  – 1922  di Jean D’Ylen, pseudonimo di Jean Paul Beguin
Un’ Italia  turrita presenta al mondo rappresentato dalle bandiere sotto di se.

Alligatore – anni 20 agenzia MAGA di Giuseppe Magagnoli
Si dice che dopo aver mangiato,  il coccodrillo lacrima…. Il coccodrillo Branca sorride tenendo con una zampa una bottiglia di Fernet-Branca.

Il Re degli Amari – anni 20 di Leonetto Cappiello
Un Re Luigi vestito con bottiglie di  Fernet-Branca. A Parigi la scena è fortemente caratterizzata dai grandi maestri dell’affiche del tempo. Cappiello si inserisce subito nello stile in voga, collaborando come caricaturista producendo vari manifesti.

Calendario del 1887
Si nota sulla bandiera l’indirizzo della prima sede, in seguito poi trasferita nella storica Via Broletto –  ancora oggi  esistente e indicata in etichetta del prodotto.  La donna di classe si appresta a varcare l’oceano seduta su casse di prodotto in viaggio per  diverse destinazioni, il comandante per alleviarle il mal di mare  offre un bicchierino di Fernet-Branca.

Donna con cesto
Stampatore G. Ricordi e C di Milano. Si ipotizza anni 20/30

Re Carpano con lo statista piemontese Cavour  (1956)

Re Carpano brinda con Napoleone – La serie fu impressa più volte dal 1951

Re  Carpano brinda con Giuseppe Verdi – Dopo il grande successo della prima serie di brindisi storici,  la Testa e  la Carpano decisero di rendere omaggio al celebre compositore  (seconda metà anni 50)

Il punto e mezzo:  storico soggetto dell’agenzia Testa per l’apprezzato aperitivo Punt  e Mes  (il punto di amaro e mezzo di dolce)  inizio anni 70.

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