Un orto gigante che fu un lago, un centro spaziale da guinness, un borgo d’arte e di stelle, e la città più antica d’Abruzzo.

La piana del Fucino

Un grande avvallamento che si fa spazio nell’entroterra abruzzese, e più precisamente nella regione marsicana, sorvegliato da alte vette e contornato da parchi e riserve naturali di grande interesse naturalistico: la Riserva naturale orientata Monte Velino, il Parco naturale regionale Sirente-Velino, la Riserva naturale regionale Monte Genzana Alto Gizio, il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
La piana del Fucino circa un secolo e mezzo fa era un lago. Per la precisione il terzo bacino lacustre più grande dello Stivale. Il lago era alimentato da numerose sorgive e corsi d’acqua, ma essendo privo di emissari naturali era soggetto a un’alta variabilità del livello delle acque e dell’estensione del bacino, provocando così gravi danni ai campi e ai centri abitati. L’idea di prosciugare il lago attraverso un canale sotterraneo che convogliasse le acque verso il fiume Liri venne in mente già a Giulio Cesare. Ma fu l’imperatore Claudio, nel I secolo d.C., a inaugurare l’opera impiegando la forza lavoro di oltre ventimila schiavi. Funzionava? In parte. Il lago si svuotava parzialmente lasciando scoperta un’ampia fascia di terreni ottimi per l’agricoltura, ma richiedeva una manutenzione costante. Quando l’Impero Romano cadde per mano dei Barbari, che non avevano certo interesse in questi territori, la manutenzione dei cunicoli cessò e l’acqua si riprese il suo spazio. La svolta arrivò molto più tardi, con il duca Alessandro di Torlonia, che ampliò il progetto e tra il 1854 e il 1875 fece realizzare un nuovo canale. Il lago non c’era più, ma la zona era diventata tutta palude, per cui si rese necessaria la bonifica dell’area. La conca divenne così campagna fertile. Oggi, dal satellite, la piana del Fucino appare come una enorme e ordinatissima scacchiera di campi coltivati, con tutte le sfumature cromatiche che offre la nostra terra. Un gigantesco orto in cui si coltivano prodotti eccellenti, come la carota e la patata del Fucino Igp.
È in questo territorio, ricco di storia e generosa natura che si inserisce il Centro Spaziale del Fucino con il suo museo.

Il Museo Telespazio del Centro Spaziale del Fucino

In un paesaggio costellato di antenne (sono 170), il Centro Spaziale del Fucino – gestito da Telespazio, operatore mondiale nel campo delle soluzioni e dei servizi satellitari – è attivo dal 1963 ed è oggi il più importante teleporto al mondo e un polo d’eccellenza per le attività di controllo in orbita di satelliti, servizi di telecomunicazioni, televisivi e multimediali. Basti pensare che nel 1969, le immagini del primo sbarco sulla Luna furono trasmesse proprio da qui. E che il 30 aprile del 1986, grazie al satellite americano Intelsat V, il Centro Nazionale Universitario di Calcolo Elettronico (CNUCE) di Pisa fu collegato ad Arpanet, la rete nata per connettere centri di calcolo e terminali universitari, o laboratori di ricerca ed enti militari e che sarebbe diventata, negli anni, internet.
Nel 1968 il Centro Spaziale ha aperto al pubblico, a partire da ricercatori e studenti, il suo museo, che ospita alcune delle apparecchiature utilizzate nella fase pionieristica dello sviluppo delle telecomunicazioni via satellite e che ripercorrono le principali tappe della storia aziendale. Come i due furgoni dai quali nel 1962 furono effettuate le prime trasmissioni tra Stati Uniti e Italia con il satellite Relay. Oppure l’antenna di 8 metri di diametro usata dal 1963 per esperimenti di trasmissione con il satellite Telstar. Nel 1969, in occasione della visita del pontefice Paolo VI in Uganda, la stessa antenna fu trasportata via mare a Kampala e assicurò il primo collegamento televisivo in mondovisione dall’Africa.
Altro pezzo degno di nota conservato al museo è la poppa della nave Elettra, l’imbarcazione su cui Guglielmo Marconi effettuò i suoi primi esperimenti di radiopropagazione a onde corte negli anni tra le due guerre mondiali. Nel 1937, dopo la morte di Marconi, la nave fu acquistata dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni che, nel 1978, fece dono a Telespazio della sezione di poppa dell’imbarcazione.

Cosa vedere intorno alla Piana del Fucino

La street art di Aielli

Aielli sta su, adagiato su uno sperone roccioso, a guardia della piana del Fucino. Conserva sul suo punto più alto una torre medievale fatta erigere da Ruggero, Conte di Celano, nel 1356, e che dal 2002, con il nuovo nome di Torre delle Stelle, è un qualificato osservatorio astronomico con annessi un Museo del Cielo, una biblioteca scientifica specializzata e un planetario in grado di proiettare 3000 stelle su una cupola di 6 metri di diametro.
Un minuscolo paese (alla conta degli abitanti non si arriva a 1500) d’origine medievale che fino a qualche anno fa era  ammantato di quell’atmosfera tipica dei borghi sperduti e desolati.
Poi però, nel 2017, è germogliato il progetto Borgo Universo, con la realizzazione di alcuni murales che hanno suturato le ferite lasciate dal terremoto del 1915. Così, a colpi di bombolette e stencil, Aielli ha ripreso colore e vivacità. Borgo Universo è diventato poi un vero e proprio festival di street art, musica, performance e astronomia, regalando al piccolo paese un’inaspettata notorietà. I 26 murales che hanno riqualificato il borgo portano le firme dei più celebri street artist della scena internazionale (Okuda San Miguel, Millo, Ericailcane, Gio pistone, Sam 3, Alleg, Guerrilla Spam e Matlakas) e sono tutti in stretta connessione con il tema astronomico e con la storia di Aielli.

L’area archeologica di Alba Fucens

Alba Fucens riporta nel suo nome una delle sue peculiarità (l’antichissimo vocabolo Alba significa altura): sita a circa 1000 metri di quota, è una delle città romane più alte d’Italia. La cinta muraria che proteggeva il centro abitato, che si sviluppa per circa tre chilometri, è databile tra il III e il II secolo a.C. e reca traccia della sorprendente completezza originaria. La ricostruzione della struttura della città, iniziata con gli scavi del 1949 condotti dall’archeologo belga De Visscher, ha messo in evidenza la presenza di alcuni degli edifici tipicamente associati agli insediamenti romani, dalla basilica al Foro fino al thermopolium, uno spaccio di bevande di cui si vede ancora il bancone per la mescita. All’altezza del teatro si apre quindi l’area delle Terme, di antica costruzione e probabilmente ritoccate nei primissimi secoli d.C., quando furono aggiunti i mosaici. L’anfiteatro, infine, venne ricavato dalle pendici della collina di S. Pietro.

 

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