Siamo in Valnerina, una terra intrisa di misticismo, come vuole farci credere la leggenda della Sibilla e delle fate dei monti Sibillini, e di una spiritualità ancora tangibile in luoghi come Cascia, con il santuario di Santa Rita, meta di pellegrinaggio, e Norcia, città natale di san Benedetto (patriarca del monachesimo in Occidente) e santa Scolastica. Un paesaggio che segue le sinuosità del fiume Nera, fatto di una natura selvaggia, montagne impervie, gole impenetrabili, piane improvvise e angoli incontaminati interrotti di tanto in tanto da ponti, mulini, chiese, castelli e torri di avvistamento. In Valnerina natura, arte, storia e tradizioni si alternano senza soluzione di continuità. Di pari passo va l’eccellenza gastronomica, in particolare a Norcia, capitale della Valle e borgo bandiera arancione del Touring Club Italiano, e nel pittoresco borgo di Scheggino, a cui la natura generosa di questa terra d’acqua ha donato il pregiato tartufo.

Norcia e Scheggino

Ahinoi, parte delle bellezze architettoniche di Norcia sono svanite con il terremoto del 2016, tuttavia la sua storia e il suo fascino sono rimasti immutati. Raccolta intorno a una a cinta muraria trecentesca, conserva un impianto urbano medievale che ruota attorno a piazza S. Benedetto, su cui affacciano edifici di tempi e stili diversi: il palazzo Comunale del XII secolo, la basilica di San Benedetto del XIII-XIV, di cui resta solo la facciata, e la cinquecentesca rocca Castellina, sede del Museo civico-diocesano, con opere di pittura e scultura locali, trasferite e in corso di restauro.

Distante circa 35 km da Norcia, ma a essa legata territorialmente ed economicamente, Scheggino è considerata la perla della Valnerina. È il paese che vive in più stretta simbiosi con il fiume Nera: le acque lambiscono i caseggiati e un canale artificiale, antica presa per alimentare un molino, spartisce l’abitato. Lo domina un triangolare castello con la sua alta torre, di cui rimangono solo alcuni resti delle mura (XIII-XIV secolo). La chiesa di San Nicolò risale al secolo XIII, ma fu completamente ricostruita alla fine del ‘500 e conserva pregevoli affreschi in corrispondenza dell’abside, attribuibili allo Spagna. Alle porte del paese, le Fonti di Valcasana sono grande giardino naturale dove le acque scorrono placidamente fra lecci, roverelle, pini d’Aleppo e bosso.

Urbani Tartufi

È a Scheggino che inizia e continua la vincente storia degli Urbani, famiglia di imprenditori che nel lontano 1852 avviò l’export dei tartufi freschi della Valnerina in Francia, a Carprentas. In men che non si dica l’esportazione si diffuse in tutta la Francia e poi in Germania, Svizzera e, nel contempo, nelle altre regioni d’Italia. Il segreto del successo dei tartufi Urbani stava non solo nella generosità del territorio da cui proveniva il tubero, ma anche nel metodo di conservazione: alla fine del XIX secolo la «Ditta Urbani», come scrisse il Prof. Francesco Francolini nel 1913, «sapeva genialmente applicare ai barattoli di cristallo una chiusura di sua invenzione eliminando così l’inconveniente della chiusura col mastice», la quale dava scarsi risultati alla conservazione del tartufo.

Nei primi del Novecento, la profonda dedizione alla tartuficoltura di Carlo Urbani (terza generazione della famiglia), sempre a fianco della moglie Olga, e la conquista del palato americano per la prima volta segnano il grande trionfo degli Urbani. La passione per il prodotto e per il mestiere, tramandata di padre in figlio, è arrivata oggi alla sesta generazione della famiglia, che tiene alta la bandiera del made in Italy. Oggi l’azienda è sul gradino più alto del podio nel mercato mondiale del tartufo, conta 14 sedi italiane ed estere, 6 marchi, 300 professionisti, 700 referenze prodotte e l’80% di export in 75 Paesi. Per scoprire il patrimonio e la storia dell’impresa e della famiglia, l’incessante lavoro di ricerca di Olga Urbani ha dato vita nel 2012 al Museo del Tartufo Urbani, che si trova proprio all’interno di quello che fu il primo stabilimento produttivo dell’azienda, fondato da Paolo Urbani alla fine del XIX secolo nella propria abitazione a Scheggino. Il museo, intitolato alla memoria di Paolo Urbani, conserva fatture scritte a mano, telegrammi, lettere dei membri della famiglia che si erano trasferiti negli Stati Uniti per diffondere la cultura del tartufo e tentarne la vendita, fotografie d’epoca, macchinari, attrezzi e strumenti di lavoro. Olga Urbani è altresì l’ideatrice dell’Accademia del Tartufo, un centro tecnologico gastronomico, laboratorio di ricerca, scoperta e sperimentazione, una scuola di cucina, uno spazio per eventi culinari internazionali, un luogo di confronto e di divulgazione della cultura del tartufo.

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