Il Canavese, un museo della plastica e il ruolo di questo materiale nella società

Quando diventa difficile quantificare gli oggetti polimerici d’uso industriale o domestico che esistono e si utilizzano ogni giorno (basti pensare alla distribuzione agro – alimentare, ai trasporti, agli ospedali, alla scuola o all’ufficio, alla casa), diventa ancor più difficile immaginare un mondo senza plastica.

Malleabile, isolante, flessibile, durevole. La plastica è “[…] essenziale per la nostra vita come l’aria che respiriamo.” A dirlo è Jeremy Rifkin, economista e saggista americano, ambientalista. Quindi lo si può ammettere: la plastica non è un materiale cattivo, bisogna solo imparare a gestirlo. È risaputo: all’utilizzo di questo materiale così versatile si accompagna la dibattuta questione del suo impatto ambientale. Se da una parte la durevolezza della plastica è un pregio, dall’altra è il motivo per cui le molecole che la compongono impiegano anche centinaia di anni per decomporsi. L’inquinamento da plastica ha effetti dannosi irreversibili per l’intero pianeta, con conseguenze pericolose sulla salute dell’uomo. Cattive abitudini, discariche abusive e una diffusa malagestione dei rifiuti industriali consentono l’ingresso della plastica negli ecosistemi naturali e nella catena alimentare. Tuttavia ricerca e innovazione nel campo dell’ecologia offrono oggi alcune soluzioni alla gestione dei materiali plastici. Una volta bandita la vendita del monouso, il riciclo è l’attività chiave su cui continuare a insistere: un rifiuto di cui disfarsi diventa una risorsa per creare qualcosa di nuovo.

In quest’ottica è importante diffondere valori e pratiche che rendano tutti consapevoli, coinvolti, responsabili. E il Museo della Plastica Cannon-Sandretto “Civiltà della Plastica” di Pont Canavese offre diversi spunti di riflessione attraverso il racconto dettagliato della storia dei materiali plastici e pannelli e installazioni che espongono i rischi ambientali legati all’uso della plastica.

Il Museo della Plastica Cannon-Sandretto “Civiltà della Plastica”

Raccontare la plastica attraverso gli oggetti che ne hanno fatto la storia. Con quest’idea in testa, Gilberto Sandretto raccolse e sistemò da 1995 in un museo centinaia di articoli capaci di descrivere più di un secolo di evoluzione tecnologica e commerciale della plastica. Le sale scelte erano quelle della palazzina di rappresentanza in stile Liberty della Sandretto Industrie, azienda fondata dalla sua famiglia nel Dopoguerra. Il Gruppo Cannon, operante nel settore delle tecnologie per la plastica e per l’ambiente, ha rilevato il complesso museale, l’ha sottoposto a lavori di restauro ha integrato la collezione riorganizzando la mostra e il percorso di visita, e nel 2016 lo ha riaperto al pubblico.

Plastica, dunque, è anche cronaca e costume del nostro Paese. Ad esempio degli anni in cui, in pieno boom economico, nelle case degli italiani compare il polipropilene isotattico inventato da Giulio Natta, premio Nobel per la chimica nel 1963. Conosciuto con il nome di Moplen, questo nuovo prodotto riempie in pochi anni le case di tutto il mondo con articoli casalinghi, valigie, giocattoli, secchi, vasche, e scatole di vari colori. Chi in quegli anni “andava a letto dopo Carosello” ricorderà Gino Bramieri e i suoi infiniti ritornelli che pubblicizzavano le prodigiose funzionalità di una plastica “inconfondibile, leggera, resistente”.

Al Museo della Plastica, la sostanza che “Dio aveva dimenticato di creare” è riscoperta nelle sue diverse forme, usi e provenienze. La raccolta conta migliaia di oggetti, un ampio repertorio per la programmazione di mostre temporanee: dagli elettrodomestici ai prodotti per l’igiene, dai giocattoli all’arredamento. Intorno al museo, un rigoglioso parco all’imbocco della Valle Orco, ai piedi del Gran Paradiso, il più antico Parco Nazionale italiano.

Il Canavese tra spirito e sensi

Un importante contesto industriale caratterizza il Canavese. Oltre alla storica Olivetti, che ancora oggi ha sede a Ivrea, operano in questo territorio fabbriche metallurgiche, siderurgiche, chimiche e tessili. Ma gli scoscesi vigneti e la natura addomesticata di questi luoghi soddisfano anche gli appassionati di arte e storia.

Il Sacro Monte di Belmonte, ad esempio, domina l’Alto Canavese, appena oltre le torri medievali di Cuorgné. La struttura è quella tipica dei nove sacri monti lombardi e piemontesi che, dal 2003, sono patrimonio dell’umanità UNESCO: una dolce salita – bordata da tredici cappelle circolari e da fitta vegetazione – conduce al corpo centrale del complesso. A Belmonte si glorifica la Via Crucis e la Passione di Cristo: i devoti che non potevano andare in Terra Santa vivevano l’ascesa al Santuario come esperienza di fede.

Non altrettanto sacre né spirituali sono le vicende legate al Castello di Aglié, che si staglia all’orizzonte appena oltre il torrente Orco. Bandiera Arancione del TCI, questo borgo venne scelto per ospitare una delle residenze secondarie di casa Savoia. Nei secoli di massimo splendore sabaudo, un ricco insieme di palazzi e castelli faceva da “Corona di Delizie” alla Capitale del Regno, accogliendo i diversi membri dell’aristocrazia locale per giornate di caccia e piaceri di corte. Oggi il Castello di Aglié impressiona per dimensioni e sfarzo, ma anche per la qualità dell’arte che qui si conserva. Di Aglié, inoltre, era originario Guido Gozzano, poeta crepuscolare che tornava spesso alle “care pianure canavesane” rievocando le memorie di una gioventù di provincia mai dimenticata.

 

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