Dall’epoca dei Borbone fino alla nostra, tra architetture ottocentesche, convogli d’epoca e vecchie e nuove tecnologie.

 

Treni di nuova generazione saettano su e giù e lungo tutto lo Stivale. Quelli ad Alta Velocità raggiungono i 300 km orari, quando i binari lo consentono. Telediagnostica di serie, telecamere e monitor, sistemi di conta persone in real-time. Sedili ergonomici e wi-fi. La tecnologia ha fatto passi da gigante nel campo del trasporto ferroviario, e a essa si affianca una sempre maggiore attenzione alla sostenibilità. Vibrazioni minime e silenziosità grazie alla bassa resistenza aerodinamica, motori elettrici e luci a LED per ridurre al minimo il consumo di energia, materiali di produzione in gran parte riciclabili. Le ultime notizie parlano di nuovi treni a idrogeno che andranno a sostituire quelli a combustibili fossili.

Eppure in Italia si può ancora viaggiare su treni storici, lungo ferrovie della memoria, con la vaporiera che sbuffa e le sospensioni che cigolano, i sedili di legno e i posaceneri. Dalla stazione centrale di Napoli, un convoglio d’epoca, il Pietrarsa Express, percorre la prima ferrovia mai costruita nella penisola, la Napoli-Portici (inaugurata nel 1839), per raggiungere il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, che racconta, sin dalle sue origini, la tecnologia secolare e affascinante di treni e ferrovie.

Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa

Nel 1840, per redimere il Regno delle Due Sicilie dalla supremazia tecnica inglese e francese, Ferdinando II di Borbone fondò il Reale Opificio Meccanico, Pirotecnico e per le Locomotive. Le officine si trovano a Pietrarsa, in corrispondenza del primo tratto ferroviario italiano, la linea Napoli‐Portici. Una realizzazione che ha fatto di Pietrarsa il primo nucleo industriale italiano (precedendo di gran lunga la Breda e la Fiat). Negli anni ’70 del Novecento, con l’avvento delle locomotive elettriche e diesel, il declino dei mezzi a vapore e, insieme, dell’opificio è inevitabile. Nel 1977 le officine sono destinate a diventare museo ferroviario, inaugurato nel 1989.

Ma il viaggio nel tempo comincia già all’esterno, con la statua di Re Ferdinando II di Borbone, l’antica pensilina proveniente dalla stazione di Fiorenzuola d’Arda risalente ai primi del ‘900, il Giardino del Mediterraneo con piante da tutto il mondo, la carrozza Vesuvio, fedele riproduzione di un vagone ristorante tipico degli anni ’20, e un nuovo parapetto in vetro per la terrazza sul lungomare, che offre una vista unica sul Golfo di Napoli. Poi si entra nei padiglioni ottocenteschi, sapientemente restaurati, in cui sono esposti modellini, plastici, locomotive e treni che hanno unito il Belpaese dal 1839 ai nostri giorni, in 180 anni di storia delle Ferrovie italiane. Poi si fa un grande balzo in avanti nella funzionale sala congressi, nella sala cinema, dotata delle più performanti strumentazioni audio e video, e attraverso le nuove modalità di visita interattiva, con sistemi di realtà virtuale e app dedicate.

Portici e la sua Reggia

A breve distanza da Pietrarsa, Portici è circondata da una natura potentissima, tra il mare di cobalto e la terra del Vesuvio, quel gigante dormiente ma vivo che nel 1631 eruttò e distrusse l’intera città. Si risollevò all’epoca di Carlo III di Borbone, che la elesse come sede della sua dimora estiva e vi fece costruire la sua reggia. Ai lavori parteciparono ingegneri, architetti e decoratori di grande levatura tra cui Giovanni Antonio Medrano, Antonio CAnevari, Luigi Vanvitelli. Era il 1737 e il sito archeologico di Ercolano aveva appena iniziato a rivelare le sue meraviglie. I reperti emersi da ogni scavo vennero sistemati nelle stanze della Reggia, dando vita all’Herculanense Museum, inaugurato nel 1758 e meta privilegiata del Grand Tour. Nei primi dell’Ottocento le collezioni di archeologia furono trasferite a Napoli, e oggi rappresentano il nucleo del Museo Archeologico Nazionale. Un’imponente facciata con terrazze a balaustra introduce ad ambienti elegantissimi, che dal 1935 ospitano la facoltà di Agraria dell’Università Federico II. Lo scalone d’onore a due rampe, affrescato nel 1750 da Vincenzo Re, porta ai magnifici saloni e agli ambienti in cui trovano posto collezioni mineralogiche, entomologiche, anatomiche e meccaniche d’epoca, riunite sotto un’unica struttura accademica: il Centro Musa. Intorno al palazzo, ci si immerge nella natura di due grandi parchi (bosco superiore e bosco inferiore) ricchi piante mediterranee, coltivi e vivai di specie diverse, elementi compositivi e luoghi di grande attrattiva, tra cui l’Orto botanico, che ha il suo angolo più suggestivo nel giardino delle felci.

 

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