In mappa appare come una piccola mezzaluna, oppure qualcuno potrebbe vederla come un arco puntato sul nord Europa. Piccola regione di confine, compressa tra le Alpi e il mare, la Liguria concentra in pochissimi chilometri quadrati elementi diversi che restituiscono, insieme, l’immagine meravigliosa di questo territorio. Difficile scegliere dove si riveli la sua anima più autentica: nelle architetture antiche e futuristiche di Genova, nelle spiagge di Levante o in quelle di Ponente, nelle scogliere a picco sul mare o nei borghi arroccati, nelle pittoresche Cinque Terre, nelle ville nobiliari e nei giardini, nei villaggi medievali delle alture, nei boschi e nei sentieri. Insomma, la Liguria ha diamanti sparsi un po’ ovunque che costituiscono un patrimonio naturale, storico e artistico prezioso.

In mezzo a tanta bellezza ci sono però anche musei, archivi e fondazioni che raccontano storie di mestieri, di persone e tradizioni, promuovendo non solo il territorio ma anche la cultura d’impresa. È il caso della Fondazione Ansaldo a Genova, dell’Associazione Museo della Melara a La Spezia e del Museo dell’Orologio di Bergallo a Tovo San Giacomo.

Genova e la Fondazione Ansaldo

Porta con sé le influenze arabe e spagnole, turche e greche, conserva i segni che la resero potente repubblica marinara nel Medioevo e aristocratica città nell’età moderna. Tuttavia Genova, la Superba (la definì cosi Petrarca) signora del mare, rimane profondamente ligure. La sua bellezza la si scopre fra i carrugi, dove fanno capolino, quasi costretti, straordinari palazzi nobiliari con i tetti in ardesia, portali scolpiti e facciate dalle tinte pastello. E quasi per caso, dalle vie interne si finisce al porto antico, simbolo dell’antica vocazione mercantile di Genova ma anche della proiezione al futuro della città: sotto lo sguardo vigile della Lanterna, gli edifici storici affiancano le moderne architetture concepite da Renzo Piano creando uno dei poli culturali più attraenti della città.

Distante dal centro della città, ma sinergicamente legata a Genova e al suo territorio, la Fondazione Ansaldo si occupa del recupero, della conservazione e della promozione della cultura d’impresa.

Dal 1986 ha sede a Villa Cattaneo dell’Olmo, in Val Polcevera, cuore della Genova industriale. L’edificio fu riedificato nel XVII secolo dalla famiglia Cattaneo, che trasformò la casa di campagna appartenente alla famiglia Grimaldi in una meravigliosa villa padronale. Gli ambienti sono interamente affrescati: il ciclo decorativo principale è quello realizzato da Giacomo Antonio Boni (1688-1766) e dalla sua bottega, mentre altre decorazioni, come il trompe l’oeil nell’atrio e quelle della cappella interna all’edificio, vennero realizzate nell’Ottocento. La villa aderisce alle iniziative dedicate ai Palazzi dei Rolli, abitazioni patrizie di notevole bellezza e pregio che, al tempo dell’antica Repubblica, avevano l’onore e l’onere di ospitare le alte personalità durante le loro visite istituzionali a Genova. Costituita formalmente il 18 febbraio 2000 da Leonardo, Comune di Genova, Città Metropolitana di Genova e Regione Liguria, Fondazione Ansaldo è il risultato di un percorso iniziato nel 1980, quando venne aperto al pubblico l’Archivio Storico Ansaldo per volere del Raggruppamento Ansaldo – primo archivio d’impresa in Italia e dichiarato fin da subito di notevole interesse storico dalla Soprintendenza Archivistica. Se inizialmente le attività di recupero e salvaguardia riguardarono solamente il materiale documentario relativo al Gruppo Ansaldo, ben presto si iniziò a tutelare anche quello riguardante le imprese partecipate e controllate dallo stesso gruppo e col tempo si arrivò a raccogliere e conservare anche il patrimonio minacciato di dispersione o distruzione appartenente a imprese terze operanti nel territorio.

L’odierna Fondazione Ansaldo-Gruppo Leonardo nasce nel 2007 su iniziativa di Leonardo (allora Finmeccanica) e con il sostegno degli altri soci fondatori, che attraverso un processo di ridefinizione strategico-strutturale della Fondazione ne ampliarono le finalità statutarie. Oggi, il patrimonio culturale della fondazione è costituito dalle memorie storiche, tecniche, imprenditoriali e organizzative provenienti principalmente dalle imprese e dalle industrie del territorio ligure, a partire dalla metà dell’Ottocento fino ai primi anni 2000, a cui si aggiungono i numerosi lasciti documentari da parte di privati come l’archivio familiare Ansaldo o la raccolta di titoli azionari Corpino e, recentemente, l’Archivio Nossardi con documenti a partire dal 1830.

Portofino e l’abbazia di San Fruttuoso

Da Genova in direzione delle Cinque terre, si passa per l’assolato levante ligure del golfo del Tigullio, sormontato dal promontorio di Portofino. Uno dei paesaggi costieri da cartolina, con le sue case colorate alte e strette raccolte attorno al porticciolo. Meta gettonata dal jet-set internazionale, il piccolo villaggio ha antichissime origini sconosciute ai più. Documentato in età imperiale con il nome di Portus Delphini conserva ancora oggi l’impianto viario romano, a maglie ortogonali. Tra Portofino e Camogli, altra perla del golfo, si apre una baia nella quale è incastonata l’abbazia di San Fruttuoso, del X-XIII secolo. Abbazia benedettina, covo di pirati, proprietà per secoli dei principi Doria, è un luogo che la natura e la storia hanno reso assolutamente unico.

La Spezia e l’Associazione Museo della Melara

Al centro del Golfo dei Poeti, provincia delle Cinque Terre e di celebri località della costa come Lerici e Tellaro, La Spezia è sì punto di partenza o di transito verso altre mete, eppure offre piacevoli sorprese: i musei, la vivace via del Prione, la passeggiata Morin con gli spettacolari panorami sul golfo e sulle Alpi Apuane. Ordinatamente ottocentesca in parte, industriale e moderna, fu meta elettiva del Gran Tour tra il XVIII e il XIX secolo e residenza dei poeti George Byron e Percy Bysshe Shelley. Quando i due inglesi vi soggiornarono la città altro non era che un incantevole un borgo di 3000 anime. Niente Arsenale, niente fabbriche, niente infrastrutture portuali, niente dighe a rompere la magia di un seno di mare ampio 9 chilometri.

Napoleone, che definiva il golfo spezzino come “il più bello dell’universo”, vi vedeva il luogo ideale per costruire un porto militare. Il Conte di Cavour raccolse questo sogno e volle trasferire da Genova a La Spezia l’Arsenale della Marina militare del Regno di Sardegna (1853). L’Arsenale (inaugurato nel 1869), le attività e gli impianti a esso connessi trasformarono l’assetto urbanistico della città, che da piccola cittadina murata divenne grande piazzaforte marittima.

Da secoli La Spezia esprime una forte vocazione legata alle costruzioni navali e al settore della difesa. Degna testimone di questa inclinazione è OTO Melara (oggi Leonardo Divisione Elettronica – BU Sistemi di Difesa). È il 1905 quando le Acciaierie di Terni stringono un accordo con l’inglese Vickers costituendo la Vickers-Terni, Società Italiana di Artiglieria e Armamenti, per la costruzione e l’esercizio di una fabbrica d’armi pesanti. Da allora, la produzione dell’azienda in campo navale, terrestre e aeronautico non ha mai tirato il freno, facendo dell’impresa uno dei maggiori interlocutori industriali delle Forze Armate di tutto il mondo. I suoi prodotti oggi sono venduti a oltre 60 paesi dei 5 continenti.

L’Associazione Museo della Melara, nata nel 1985 e ora parte del Sistema Museale e Archivistico Integrato a cura di Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine, tutela, gestisce e valorizza il patrimonio storico e culturale aziendale, tra cui un importante archivio documentario. Dal 2019, l’associazione, l’archivio e l’area espositiva trovano spazio nella restaurata ex Portineria Sud dello stabilimento Leonardo, nella zona industriale a est del centro città. L’archivio e il centro di documentazione conservano fotografie, filmati e documenti che restituiscono al visitatore un suggestivo racconto sullo stabilimento e sugli uomini e le donne che vi hanno lavorato. Inoltre, in esposizione, alcuni modellini di prodotti storici targati OTO Melara del settore terrestre e navale.

Infine, all’esterno del centro di documentazione è in corso l’allestimento della mostra permanente di alcuni mezzi storici restaurati: un suggestivo percorso a tappe conduce in un viaggio nel tempo, tra le testimonianze fisiche e materiali di una lunga storia produttiva di eccellenza.

Le Cinque Terre

Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso: cinque splendidi borghi in fila, distribuiti in sole otto miglia di costa. Cinque villaggi di pescatori compatti e pittoreschi, con la loro miscellanea di colori rivelata dagli intonaci delle case e dalla vegetazione rigogliosa tutta intorno. Sono il risultato del caparbio lavoro dell’uomo che ha plasmato un paesaggio sospeso tra mare e montagna facendone un sistema di terrazzamenti con vigneti, giardini e muretti a secco. La natura si è lasciata modellare, ma emerge ancora selvaggia. Tanto che il Parco Nazionale delle Cinque Terre è sito UNESCO dal 1997.

Museo dell’Orologio Bergallo

Dalla meridiana allo smartwatch ne è passato di tempo. A raccontare quello che è successo in mezzo, di quegli ingranaggi che segnavano il passare di ore, minuti, secondi, c’è il Museo dell’Orologio di Bergallo. Nel primo entroterra della riviera di Ponente, a Bardino Nuovo, frazione di Tovo San Giacomo, visse e operò dai primi decenni dell’800 sino all’anno 1984 la famiglia Bergallo, artefice dell’omonima fabbrica di orologi da torre destinati ai campanili delle chiese, alle torri dei municipi o alle facciate delle case patrizie. Nel corso della loro secolare attività i Bergallo raccolsero decine di esemplari di orologi monumentali, macchinari, ingranaggi e meccanismi, lancette e numeri, oltre a materiale documentario e iconografico oggi raccolto nel museo. Fu l’ultimo erede della famiglia a esprimere la volontà di donare al Comune questa ricchezza. Il museo espone dunque non solo la storia di un’impresa familiare, ma anche l’evoluzione della civiltà industriale e della tecnologia.

L’isola di Bergeggi e quella di Gallinara

A breve distanza da Tovo San Giacomo, rimanendo sulla costa, vale la pena spingersi fino alle isole di Bergeggi e Gallinara. La prima risalendo verso Savona, l’altra scendendo verso Albenga.

L’isolotto di Bergeggi oggi è disabitato e Riserva naturale regionale, ma in un lontano passato, tra il IV e il VI secolo, fu sede di un monastero benedettino, la cui casa madre era l’abbazia di Lérins. Del complesso monastico rimangono solo i ruderi di due chiese, del VI e dell’XI secolo e qualche resto di torri. Il mare che la circonda, Riserva marina, ha fondali di particolare interesse geologico e biologico.

L’isola di Gallinara, anch’essa tutelata come Riserva naturale regionale, è forse uno dei luoghi naturali più affascinanti di tutta la Riviera ligure: ha una flora ricca di endemismi, grotte marine e vi nidifica une delle più grandi colonie di gabbiani reali del mar Ligure. In più ha una storia antica: era sede di una comunità di monaci eremiti, il primo dei quali fu, secondo la tradizione, san Martino di Tours, che vi trovò rifugio tra il 356 e il 360; passò poi all’inizio del secolo VIII ai Benedettini, i quali vi fondarono un’abbazia di cui oggi rimangono solo pochi ruderi inglobati in una villa

 

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